e
Brand

Fotografia paesaggistica: consigli di un professionista del paesaggio

Tengo laboratori di fotografia da quasi venti anni e per tutto il tempo alcuni temi o principi si sono ripresentati con una certa frequenza. I consigli dati in questo blog prendono spunto da tale esperienza e spero che offrano una qualche guida pratica su come migliorare la fotografia paesaggistica.

Le tre ‘P’ della fotografia paesaggistica

 Sono un grande sostenitore delle tre P’ della fotografia paesaggistica, vale a dire: le buone fotografie spesso richiedono Pianificazione, Pazienza e Perseveranza per aumentare le possibilità di successo:

 Pianificazione

Per riuscire a trovarti in un luogo specifico nel giusto momento del giorno e dell’anno (con riferimento alla posizione del sole o della luna, alla presenza o all’assenza di fogliame sugli alberi, agli orari della marea ecc.) così come tenere d’occhio le previsioni del tempo per aumentare le tue possibilità di ottenere una fotografia di successo;

Pazienza

Come sanno tutti i fotografi di paesaggi, si è raramente in grado di trovarsi semplicemente nel posto giusto, tirar fuori la fotocamera e scattare un’immagine meravigliosa. Si applica di solito il vecchio adagio: ‘se l’hai visto, l’hai perso’. Il mio approccio abituale è di impostare la fotocamera, mettere a punto la composizione, quindi attendere che la luce, le condizioni meteo, le formazioni nuvolose e così via si combinino in modo da sostenere ciò che voglio dire del luogo (in base più che altro a ciò che sento rispetto al luogo, non semplicemente a ciò che vedo). Tutto ciò richiede molta pazienza. Spesso trascorro ore restando lì nei paraggi in attesa che tutti gli elementi coincidano per darmi ciò che sto cercando. E, naturalmente, il successo è tutto fuorché garantito: non è raro tornare a casa a mani vuote.

Perseveranza

E questo mi porta all’ultima ‘P’. Tornare sul posto è parte del lavoro: a volte continuo a tornare nello stesso luogo per anni prima di ottenere una fotografia che mi soddisfi completamente.

Ottenere una fantastica immagine di un paesaggio comporta di solito tanto lavoro duro: presentarsi casualmente in un luogo per scoprire una combinazione perfetta delle condizioni succede raramente (se non mai).

 

 Guarda oltre l’ovvio

La tentazione di visitare un luogo ben fotografato e mettere il treppiede nei buchi del treppiede di tutti gli altri è forte. Se fai così, però, il risultato più probabile sono le immagini cliché, che non dicono nulla di nuovo su quel luogo. Le fotografie facili sono raramente le più gratificanti o quelle con il maggior impatto.

È importante guardare oltre l’ovvio, forse per guardare gli aspetti più intimi del paesaggio: i piccoli dettagli. Queste piccole vignette possono dir, di un luogo, la stessa cosa di un’ampia panoramica. Cerca un modo di fotografare il luogo che rifletta la tua visione unica e la tua reazione personale rispetto a quel luogo e momento.

 

Consiglio spesso ai partecipanti dei miei laboratori di considerare con quale parola, o con quali due o tre parole, potrebbero descrivere il luogo o il soggetto scelto a qualcuno che non si trovava lì al momento in cui scattavano la foto. Con tale considerazione in mente è più probabile che si giunga a un’unica risposta producendo come risultato qualcosa di differente, non un clone di immagini che hanno già visto prima.

Vengono così gettate le fondamenta per sviluppare la propria visione, il proprio modo di vedere il mondo ed è da lì che evolve lo stile fotografico personale.

Sii chiaro: ‘perché sto facendo questa foto?’

È importante meditare (anche prima di tirar fuori la fotocamera dalla borsa) sul perché ti interessa un particolare soggetto: si tratta della forma, dello schema, della tonalità, della consistenza, della luce, del colore ecc. Chiediti ‘perché sto scattando questa foto o che cos’è che mi attrae?’ La risposta fornirà una chiarezza di scopo che è essenziale nel processo di scatto della foto e dovrebbe quindi influire sulla scelta del punto di osservazione, sulla composizione, sull’esposizione, sui filtri ecc.

Credo che premere l’otturatore senza una qualche chiarezza su ciò che si sta cercando di comunicare sia come iniziare una frase prima di sapere cosa si vuol dire. Se non so qual è il mio scopo nello scattare la foto, ciò che la mia fotografia dirà, se mai lo dirà, si riduce a pura fortuna.

 

Come disse il fotografo americano Gordon Parks:

“Le persone che vogliono usare una fotocamera dovrebbero avere qualcosa in mente; c’è qualcosa che vogliono mostrare, qualcosa che vogliono dire”.

 

La fotografia si basa sull’emozione



Un altro aspetto di questa chiarezza di scopo è di considerare la tua risposta emotiva al paesaggio e quindi cercare di fotografare tutto quello che (se non di più) tu senti per un luogo particolare rispetto a ciò che vedi: “La fotografia per me non è vedere; è sentire. Se non riesci a sentire ciò che stai guardando, allora non potrai mai far sentire agli altri qualcosa quando guarderanno le tue foto” (Don McCullin).

 

Credo che le immagini più potenti siano quelle dove sentiamo la passione per il soggetto. So che se non sono provocato da ciò che si trova davanti alla mia fotocamera, allora c’è una buona possibilità che le immagini (anche se, si spera, ben composte, correttamente esposte ecc.) mancheranno quasi certamente di impatto.

 

Come disse una volta il fotografo Ruth Bernhard:

            “Se non sei appassionatamente devoto a un’idea, potrai fare delle foto molto piacevoli, ma non ti faranno piangere”

 

E W. Eugene Smith disse:

            “A cosa serve un’adeguata profondità di campo se non c’è un’adeguata profondità di sentimento?”

 

Keep It Simple Stupid (KISS)

La mia preferenza per immagini panoramiche semplici e minimaliste significa che preferisco avere un approccio ‘riduzionista’ alla composizione dove mi domando ‘cos’altro posso estrarre da questo scatto mantenendo comunque il suo messaggio chiave?’. La tentazione con la fotografia paesaggistica è di mettere nell’inquadratura il più possibile quando meno è di solito più.

 

Semplificare la composizione richiede pratica e disciplina. Ci è anche di aiuto se abbiamo chiarezza sul perché stiamo scattando la foto prima di tutto: ciò ci assiste nel processo di distillazione.

 

Il fotografo austriaco Ernst Hass disse una volta:

            “meno informazioni, maggior illusione; meno prosa, più poesia”.

 

Provoca le domande

Penso che le migliori immagini coinvolgano l’osservatore portandolo a farsi delle domande, provocando la sua curiosità. Le fotografie non devono fornire tutte le risposte né raccontare tutta la storia: l’osservatore dovrebbe venire incoraggiato a finire l’immagine e a interpretarne il significato per conto suo.

 

George Barr, nel suo libro ‘Why Photographs Work’, dice:

“Se la fotografia di racconta tutto e non lascia nulla all’immaginazione, può essere una buona foto, ma non ci sono molti motivi per rivederla e anche meno motivi per pensarci. Le immagini che si pongono tante domande quante risposte tendono a restare con te, ma solo se prima di tutto possono attrarre la tua attenzione.”

 

Fotografa per te

Credo fermamente che dobbiamo permetterci di sviluppare il nostro stile e la nostra visione senza vincoli dovuti alla pressione o per far piacere a qualcun altro, che si tratti della famiglia, dei giudici del club fotografico locale o dell’editore della nostra rivista fotografica preferita.

 

Lavorare costantemente per piacere agli altri ci impedisce di sviluppare la nostra voce artistica con il pericolo che le nostre foto restino ‘sicure’ e ‘accettabili’. Le nostre immagini, così, finiscono per essere dei cloni di fotografie che il mondo ha già visto. Il che è incredibilmente noioso.

 

Non abbiamo alcun controllo su come un osservatore reagisce alle nostre immagini. Nella sua osservazione, l’osservatore porta la storia e le esperienze della sua vita, la sua conoscenza fotografica o artistica, il suo umore e i suoi sentimenti del momento e così via. E tutti questi aspetti sono fuori dal nostro controllo. Quindi, alla fine, io scatto per me: ciò che voglio fotografare nel modo in cui lo vedo.

 

E la mia citazione preferita su tutto questo viene dal fotografo francese Jeanloup Sieff:

 

“Faccio le foto per me. Se piacciono agli altri allora pazienza”.

 

 

Usa un treppiede

 Sono un forte sostenitore dei treppiedi. Possiedo alcuni treppiedi Gitzo: dal più grande Systematic series 3 & 4 al più piccolo e leggero Series 2 Mountaineer. Quando poi vado da qualche parte in aereo e il treppiede deve entrare nel mio bagaglio a mano, i treppiedi Traveler sono ideali e costituiscono una eccellente combinazione con le mie fotocamere mirrorless.

So che alcune persone li trovano fastidiosi da trasportare e da usare, ma un treppiede di buona qualità potrà:

 

  • darti maggior controllo sul processo di scatto della foto (ad es. le scelte si possono effettuare più facilmente e la fotocamera si può posizionare con precisione);

 

  •  fornire maggior flessibilità (ad es. con bassa luminosità sono possibili tempi più lunghi di otturazione senza il rischio che la fotocamera oscilli);

 

  •  migliorare la qualità dell’immagine (non importa quanto bravo pensi di essere nel maneggiare la fotocamera, un treppiede ti darà un miglioramento notevole della nitidezza dell’immagine).

 

Non avrei potuto scattare il tipo di fotografie che amo produrre (ad esempio paesaggi a lunga esposizione) senza i miei treppiedi.

Steve Gosling gestisce un programma di laboratori per chi desidera migliorare la fotografia paesaggistica. Per ulteriori informazioni vai su http://www.stevegoslingphotography.co.uk/workshops.htm

 

Steve GoslingAltri articoli per autore

Steve is a professional photographer who specialises in producing creative & contemporary landscape and travel images. His photographs have been published internationally illustrating posters, cards, books, magazines, newspapers & calendars. His fine art prints have been widely exhibited and have also appeared on sets for both theatre & film productions.

His work has also won many awards - for example, his landscape images have been successful in the UK’s ‘Black & White Photographer of the Year’ competition and for the last 3 years he has had images shortlisted in the prestigious international 'B&W Spider Awards', achieving an Honourable Mention in 2016.

He enjoys writing & teaching about photography and frequently gives talks on landscape photography to photographic groups in the UK and abroad. He is also a regular contributor to many of the major photography magazines in the UK as well as a growing number of overseas titles. He has run a successful workshop programme for several years in locations across the world from Iceland to Antarctica, encouraging and inspiring photographers of all levels.

As well as working closely with Phase One (for whom he is a Fieldwork Professor) and Lee Filters Steve is an Ambassador for Olympus, Manfrotto/Gitzo tripods & Permajet inkjet papers.

Our Brands